Smart Working: come la politica può trasformare l’emergenza in opportunità

L’applicazione dello Smart Working rappresenta una svolta decisiva nell’organizzazione del lavoro all’interno delle aziende. Come ampiamente dimostrato dal puntuale lavoro di analisi svolto dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, i vantaggi del lavoro agile sono innumerevoli e vanno dall’incremento della produttività, al risparmio energetico e all’abbattimento dei costi legati al mantenimento di sedi aziendali diventate all’improvviso troppo grandi. 

 

Presupposto indispensabile al cambiamento dell’organizzazione del lavoro in azienda è l’alfabetizzazione digitale dei lavoratori. 

 

In futuro aumenterà ulteriormente la domanda di skill digitali ed  è quindi necessario accelerare la trasformazione di competenze e professionalità.

 Il 37% dei lavoratori che ha sperimentato lo Smart Working, praticamente quattro su dieci, è disposto a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare dalla propria abitazione, ma per un italiano su tre sussistono problemi di accesso alla rete e agli apparecchi tecnologici per il lavoro agile. Lo Smart Working necessita di un’organizzazione e di una cultura digitale e aziendale che può essere introdotta soltanto con l’ausilio di esperti di settore ed ha, ovviamente, un costo rilevante.

Cosa può fare la politica per agevolare l’applicazione dello dello Smart Working in situazioni normali, fuori dall’emergenza che ne ha reso possibile l’estensione nel 2020?

Secondo l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, saranno ben 8 milioni i lavoratori che chiederanno di proseguire il lavoro in modalità agile, rendendo necessaria l’emanazione di  una nuova legge sullo Smart Working, che ritocchi quella esistente  n. 81/2017 sulle “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

 Lo Smart Working da pratica eccezionale deve diventare una prassi e perché ciò sia possibile è necessario regolare in maniera più puntuale il diritto alla disconnessione  consentendo l’invio di email, comunicazioni, messaggi o telefonate solo all’interno dell’orario di lavoro. La legge sul lavoro agile (l.81/2017) garantisce il diritto di disconnessione attraverso il ricorso ad accordi individuali per la definizione dei  tempi di riposo del lavoratore. La normazione d’urgenza ha però fatto saltare l’obbligo di accordo tra lavoratore e datore di lavoro, esponendo moltissimi dipendenti a uno Smart Working spesso invasivo che richiede interventi correttivi alle norme esistenti.

Come affermato da  Ilario Alvino, giuslavorista e professore all’Università La Sapienza di Roma, “ Il lavoro agile è un’ottima opportunità per le persone e per le aziende. E’ vero che l’unica norma che parla di disconnessione è l’art.19 della legge 81/2017 sul lavoro autonomo ed il lavoro agile, ma è piuttosto un problema legato alle nuove tecnologie e riguarda tutti, anche chi lavora con modalità tradizionali. E in quanto tale va regolato, come è già avvenuto in altri Paesi, per esempio in Francia dove c’è una legge sulla disconnessione”

La politica sarà chiamata ad affrontare più nel dettaglio il tema del diritto alla disconnessione e a  sostenere le aziende che trasformando il proprio assetto saranno obbligate ad una vera e propria “ristrutturazione” della loro organizzazione, investendo in infrastrutture, formazione e alfabetizzazione digitale. 

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